domenica 2 ottobre 2011

RECENSIONE MUSICA: Massive Attack - Blue Lines

Ed eccoci finalmente arrivati alla prima recensione musicale in piena regola: dopo aver introdotto il genere del Trip Hop, non potevo di certo esimermi dal recensire l'album capostipite, ovvero, l'ormai dimenticato Blue Lines dei Massive Attack.





Dico "dimenticato" perchè, essendo uscito nel '91 ed essendo oltretutto l'album d'esordio del gruppo in questione, è stato sotterrato in fama dai suoi successori, comunque degni di questo (capo) lavoro.

L'album, pur essendo piuttosto sperimentale, presenta già i tratti tipici che caratterizzeranno il trip per gli anni a venire: le percussioni raffinate ma poderose (leggermente diverse, comunque, da quelle che verranno in seguito con i Portishead e Tricky), gli immancabili sample incastrati alla perfezione, e alcuni tocchi di classe vecchia scuola come gli scratch (ormai caduti in disuso nell'intero genere).

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L'album inizia con "Safe From Harm", che comincia già a trasportarci nelle atmosfere buie e ambigue, con una chitarra looppata estremamente bassa a fare, insieme ai synth spaziali à la Tangerine Dream, da tappeto sonoro per lo splendido e avvogente cantato femminile di Shara Nelson, in seguito accompagnato dalle solite, pesanti percussioni (fatte da hats trascinati e da kick pulsanti), spezzato dal rap "in pillole" di Del Naja, quello oscuro di Tricky e da una sporadica chitarra elettrica. 
Tutto ciò avviene in rapida successione e, nonostante il pezzo non sia particolarmente veloce, tiene "incollato" l'ascoltatore alle cuffie, intrigato dai continui cambiamenti e dall'atmosfera metropolitana quasi respirabile.
Insomma, un pezzo di quelli pesanti, ma non pesanti da ascoltare, anzi: scende giù da solo, e quando finisce si ha voglia di rimetterlo su.

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Certo, si ha voglia di rimetterlo su, se subito dopo non ci fosse una canzone come "One Love", che parte subito con pesantissimi e calzanti kick, i quali accompagnano la sensuale voce di Horace Andy.
Questa è una canzone trip "vecchio stampo", infarcita di sample e di scratch precisi al millisecondo, tutti azzeccatissimi, che mirano a variare la canzone e a renderla intrigante quanto la prima, nonostante i suoi 4:49 minuti, riuscendoci, purtroppo, solo in parte.
Nonostante tutto, resta una fantastica e romantica canzone, tra le migliori dell'album.

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Subito dopo, arriva la title track, "Blue Lines", forse la migliore in assoluto. La struttura iniziale è simile a quella della prima traccia (chitarra looppata, morbidi synth e percussioni soffici), ma rende ancora meglio; con le sue tastiere malinconiche, la meravigliosa chitarra e l'intrigante ma non aggressivo beat, prende di forza e, ascoltata di sera a luci spente, trascina l'ascoltatore in mezzo alla strada notturna, muri pieni di graffiti, ubriachi ai lati del marciapiede, case popolari mezze distrutte e fabbriche abbandonate...
Tutto questo viene ulteriormente enfatizzato dal fantastico rap di Naja, Tricky e Daddy G che, con voce bassa e cullante, fanno da Virgilio agli ascoltatori che stanno esplorando i gironi infernali dell'oscura metropoli.
Anche questa è una canzone che scorre via estremamente in fretta, e lascia spiazzati una volta arrivata alla fine, poichè si interrompe di tronco, lasciando immediatamente partire la traccia seguente.


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Traccia seguente, che eguaglia (se non supera) quella precedente; "Be Thankful For What You Got", infatti, pur essendo una cover, reinterpreta la canzone originale in maniera "trip-hoppettiana", aggiungendo alla fantastica voce di Tony Bryan percussioni quasi stordenti, ma non per questo inascoltabili, anzi.
Il tutto cullato malinconicamente e allegramente dalle tastiere e dagli scratch del Naja, che dipingono con una naturalezza incredibile le strade più povere di una metropoli sovraffolata così come delle favelas brasiliane, con melodie e testo in grado di rigare con le lacrime persino le sporche guance di un barbone. Una canzone che rappresenta perfettamente l'essenza della felicità in quello che si ha, dando maggior valore  agli affetti e non a ciò che è possibile comprare con il denaro.
Una finestra sulla vita di 4 minuti e 9 secondi.


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La traccia successiva, "Five Man Army", è considerabile l'unica canzone "blanda" del lavoro, forse a causa del beat non così intrigante (praticamente uguale a un beat dub, solo arrichito), del rap dal tono moscio (nel quale, però, si alternano tutte le voci dell'album) o dall'eccessiva durata di più di 6 minuti.
In ogni caso, resta interessante la sperimentazione di dub e rap, ma, purtroppo, non perfettamente eseguita.

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Una volta passato l'"ostacolo", ci aspetta un premio di quelli imperdibili: "Unfinished Sympathy", infatti, è una canzone incredibile, riprova del talento dei Massive Attack.
Riescono a creare un fantastico amalgama ritmico con un triangolo (a fare da melodia di sottofondo) leggermente sfalsato rispetto al ritmo dato dalle percussioni e dalle maracas (strumenti sulla carta discordanti fra loro, ma che vengono trasformati in un miscuglio perfettamente coerente).
Senza neanche discutere dell'incredibile voce di Shara (che ci regala degli acuti degni di un soprano) o dei violini e del piano che fanno da struggente melodia principale, spesso discordanti anche loro, con melodie totalmente diverse che si fondono, si inseguono l'un l'altra, si rubano il palcoscenico e che infine si fondono.
Canzone senza dubbio tra le più poetiche e toccanti dell'intera discografia dei Massive.

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Dopo la calma, arriva la tempesta; ed ecco che ad accoglierci troviamo le pesantissime percussioni di "Daydreaming", accompagnato inizialmente dalla dolce voce di Shara, interrotta quasi subito dal solito rap sussurrato e sensuale (che continuerà fino alla fine della canzone) del Naja e di Tricky, sorretti da un tappeto (volante) di synth e occasionali tastiere.
L'intero pezzo è pervaso da sarcasmo e da parodismo (come dimostra la presa in giro di "Here Comes The Sun"), e trasmette una potenza incredibile, data dal beat spaventosamente martellante e dal rap sottovoce ma energico, che lo rendono una sorta di canto di battaglia metropolitano.
Un grande brano, potente e corroborante.

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Segue "Lately", una splendida canzone, sempre cantata da Shara Nelson la quale sfoggia una voce particolarmente malinconica e solitaria, accompagnata da una ridondante melodia. Una solitarietà evidenziata dai sample quasi impolverati e dagli scratch che compaiono spessissimo durante i 4 minuti e mezzo del brano.
Il pezzo immerge in un deserto urbano, la città vuota la sera a metà Agosto, una stazione ferroviaria arrugginita, appartamenti abbandonati... Posti vuoti, ma con una lunga storia da raccontare, e Shara, in veste di traduttrice istantanea, ce le racconta al posto loro non con il testo, ma con le sue prodigiose corde vocali.

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Ed eccoci arrivati all'ultimo atto di questo album; "Hymn Of The Big Wheel" è la fine perfetta.
Con la sua speranzosa melodia e la sua pioggia di percussioni (comunque leggerissime), è come se lasciasse passare un fascio di luce attraverso la buia metropoli, una via d'uscita che finalmente si mostra allo smarrito visitatore, ma anche la tristezza della fine di un viaggio quasi trascendentale...
La liberatrice conclusione di un'esperienza fuori dal comune e che non avrà di certo lasciato impassibile l'ascoltatore .

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Blue Lines.
Più che un album, un'istituzione, la realizzazione su CD del leggendario "Bristol Sound", la nascita di un nuovo modo di intendere la musica elettronica nella generazione successiva (a anche in quelle dopo).
Andrebbe ascoltato a tutti i costi, rivolgetegli un ascolto anche (e soprattutto) se non siete amanti del genere; in particolare, obbligato per tutti quelli che per definizione di "musica elettronica" danno house e dance.
Un ascolto che vi schiarirà le idee, fidatevi ;)

VOTO: 9,2 

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